domenica 30 marzo 2008

....Anche x soldi, ma se tornassero.... che spettacolo!





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Guardando queste 2 foto viene ancora da chiedersi: "Ma come fanno a essersi divisi questi 2?"
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Ma forse il bivio preso nel 1996 sta x tornare su una strada sola.... certo, non x una questione di principio, ma se i soldi servissero a rimettere insieme una delle più grandi rock band della storia ben venga....
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I vecchi Guns N’Roses di nuovo insieme per il reunion tour più atteso della storia del rock. L’indiscrezione circola con insistenza da due settimane. Ecco com’è nato il tam tam che sta attraversando la Rete.“State guardando qualcosa di speciale: l’ultimo tour dei Velvet Revolver”: una rivelazione shock quella di Scott Weiland, frontman e leader del gruppo, che dal palco di Glasgow, in Scozia, ha lasciato i fan a bocca aperta insinuando la prossima fine della band nata nel 2003. Il punto è che nei Velvet suonano tre ex Guns N’Roses: Duff McKagan, Slash e Matt Sorum. Che, ritrovandosi senza gruppo, potrebbero bussare alla porta di Axl per proporgli un happy comeback. Il ritorno dei Guns vecchio stile potrebbe avvenire poche settimane dopo la pubblicazione di Chinese Democracy, l’album che Axl sta mettendo a punto da quindici anni e che i fan non hanno mai smesso di aspettare con ansia.Il cd è pronto, ma Axl Rose è assillato da mille dubbi su come promuoverlo nel modo più efficace. Per convincerlo a farlo uscire in tempi brevi si è spesa con tutta la sua potenza la Dr Pepper, azienda leader americana, famosa per la sua bibita gasata simile al ginger. “C’è voluta molta pazienza per perfezionare il mix di 23 ingredienti della nostra bevanda, quindi capiamo l’incertezza e la voglia di Axl di presentare un album più che perfetto. Per ottenere il meglio qualche volta bisogna uscire indenni dalla giungla”: parola di Jaxie Alt, il direttore marketing della multinazionale. “Se Chinese Democracy verrà pubblicato entro il 2008″ aggiunge Alt “noi regaleremo una lattina di Dr Pepper a ogni americano”. Vista la portata dell’offerta, (per la campagna pro Chinese Democracy cliccate su Chinesedemocracy.blogspot.com) non è difficile immaginare quale sarà lo sponsor ufficiale del ritorno in concerto dei Guns… In attesa di sviluppi, Axl ha eccezionalmente rotto il suo ostinato silenzio: “Sono molto felice e sorpreso dell’offerta della Dr Pepper per il nuovo album dei Guns. Non mi aspettavo niente del genere. Grazie!”.
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noi, come da 17 anni a questa parte, restiamo in attesa, sperando di rivedere ancora una volta queste 5 bestiacce scatenarsi sul palco, farci ridere, divertire, impazzire, e anche un pò commuovere....
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Recensione - Water Horse - La leggenda degli abissi


Regia: Jay Russell
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Genere: Avventura
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Cast:
Emily Watson - Anne MacMorrow
Alex Etel - Angus MacMorrow
Ben Chaplin - Lewis Mowbray
David Morrissey - Capitano Hamilton
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Tratto dal racconto di Dick King-Smith, già autore del fortunato Babe - Maialino coraggioso e ambientato in Scozia durante la Seconda Guerra Mondiale, Water Horse - La leggenda degli abissi racconta la storia di una splendida quanto inusuale amicizia. Angus, vivace ragazzino il cui padre è impegnato al fronte, trova per caso sulle rive del lago Loch Ness uno strano uovo: durante la notte nasce una creatura simile ad un dinosauro e dotata di un appetito insaziabile. Per nulla intimorito dal suo atipico aspetto, Angus battezza l'animale Crusoe ed instaura con esso uno splendido rapporto di amicizia. Purtroppo però, cannoni della Guerra incombono e anche Crusoe cresce a vista d'occhio… Di questi tempi è raro trovare film che coniughino una sceneggiatura brillante ed effetti speciali all'avanguardia: troppo spesso infatti, i secondi tendono a soverchiare e mettere in secondo piano la prima.
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L'eccezione (che conferma la regola?) è data da Water Horse - La leggenda degli abissi, film british fino al midollo, che mette in scena una classica storia di amicizia "diversa", strizzando l'occhio ai classici del genere e aggiungendo un plus di simpatia ed emozioni. Come per esplorare il fondale di un lago bisogna necessariamente buttarsi in acqua infatti, anche per valutare tutti gli input e gli spunti di riflessione offerti dal film, è necessario andare a fondo nella storia: il background bellico, la nascita di una leggenda (il mostro di Lochness) , il rapporto quasi parentale tra il protagonista e la creatura, pur accennati, infatti, dimostrano che lo script di Robert Nelson Jacobs è ben più denso di quanto non si creda ad una lettura superficiale.Se la regia di Jay Russel non appare particolarmente brillante, a permettere a Water Horse - La Leggenda degli abissi il salto di qualità sono senz'altro gli straordinari effetti speciali della Weta: Crusoe è infatti una creatura viva, pulsante, meravigliosamente animata e le due "scene madri" del film che la vedono protagonista (la corsa per la casa durante il ricevimento ed il bombardamento del lago) dimostrano l'altissimo livello raggiunto dai tecnici nel creare sequenze realistiche, in cui elementi reali e fittizi interagiscono alla perfezione.Ottimo il cast… umano: la veterana Emily Watson offre un'altra prova di bravura, interpretando ottimamente la figura di una madre volitiva e al tempo stesso stanca della persistente minaccia imposta dalla Guerra, mentre Alex Etel dimostra nuovamente il suo talento dopo l'ottima performance di qualche anno fa nel simpatico Millions.
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A metà strada tra Free Willy ed E.T., Water Horse - La Leggenda degli abissi pur non offrendo nulla di particolarmente originale o innovativo riesce alla perfezione in quello che ogni film per famiglie dovrebbe avere come unico scopo: intrattenere, divertire e far riflettere. Da vedere.

martedì 11 marzo 2008

Mike Oldfield: Pop e Rock Addio


Mike Oldfield, 55 anni e il fantasma di «Tubular Bells» che non gli lascia tregua, sta seduto su una montagna di quattrini ma non gli importa. Vuole andare avanti, lasciarsi alle spalle quel ponte musicale che costruì 35 anni fa, fra progressive rock e new age.
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Così, in maturità dà l'addio al pop e si cimenta nella sua prima opera per così dire classica, «Music of the Spheres», disco in uscita in Italia il prossimo 14 marzo; è una sequenza di sottili emozioni per archi, trombe battagliere, voci femminili, percussioni, la sua chitarra e manco a dirlo campane tubolari, che l'altra sera l'Orchestra Sinfonica e il Coro di Euskadi hanno eseguito dal vivo, dopo un vibrante ricordo dell'assessore Carrasco appena assassinato in questa terra senza pace.
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Oldfield stava seduto in prima fila nell'orchestra, la sua chitarra commentava lieve: emozionato come uno scolaretto, ha preteso luci accese nella grande hall del museo Guggenheim che ha ospitato l'evento, davanti ai media di tutto il mondo. Sarà che parte della performance sarà venduta su ITunes ai primi che compreranno il disco; ma sarà anche che il vecchio scapestrato ragazzo convive meglio con i suoi fantasmi se può guardarli in faccia.Trenta dischi, 40 milioni di copie vendute nelle quali spicca il gioiello hit «Moonlight Shadow» (in «Crises» dell'83), Oldfield ha avuto vita difficile, segnata dalla morte della madre suicida per alcol e follia. Introverso, solitario, consumatore di LSD in gioventù, e di ecstasy quando viveva ad Ibiza nei '90. Alla ricerca perenne del sogno di una donna adeguata, che ha inseguito spesso con annunci sui giornali specializzati: le belle lo hanno sempre tradito, rivelandone identità e vizietti. Ha collezionato 7 figli, e Fanny, madre degli ultimi due (il più piccolo ha appena un mese) nel '99 tentò di vendere a un giornale l'imbarazzante filmato di lui vestito da donna durante un incontro a luci rosse: fecero poi, evidentemente, pace.
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venerdì 7 marzo 2008

Giovanni Allevi ha "La musica in testa"



Giovanni Allevi ha dieci anni. In casa sua c'è un pianoforte ma lui non può toccarlo. Un giorno supera il divieto e incontra la musica. Da quel momento Giovanni Allevi ha la musica in testa. Un libro scritto con delicatezza: il pianista diviene per noi un personaggio e la sua storia piena di aneddoti curiosi un piccolo romanzo.

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"Non bisogna mai aver paura di rompere le regole, se è il nostro cuore a chiederlo. Mai temere di destabilizzare un sistema: è nella sua natura la necessità di cambiare. Ma soprattutto bisogna sempre trovare il coraggio di esporsi, di osare, di mettersi in gioco: è un dovere dell’artista!"

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Il libro è scritto con delicatezza. Il protagonista è un giovane pianista. Sappiamo che ci sarà il lieto fine, perché conosciamo il successo di Giovanni Allevi. Eppure non possiamo che rimanere coinvolti dalla sua storia. Così finiamo per tifare per lui. In questo libro, Giovanni Allevi diviene per noi un personaggio e la sua storia piena di aneddoti curiosi un piccolo romanzo: questo è il nostro approccio alla sua autobiografia.

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Il suo primo incontro con il pianoforte avviene all’età di dieci anni. Giovanni Allevi lo definisce “un appuntamento quotidiano con la trasgressione”. Il padre e la madre sono maestri elementari con un passato da musicisti, lui clarinettista, lei cantante lirica. In casa quindi non è difficile sentir parlare di musica, poter ascoltare dischi di classica. E naturalmente c’è un pianoforte. Un Bachstein. Il pianoforte però è riservato esclusivamente alla sorella maggiore di Giovanni. A lui è invece severamente vietato avvicinarsi allo strumento. La musica è una cosa seria, non un gioco. Un giorno però Giovanni trova in una piccola scatola una chiave d’argento. Con quella apre il pianoforte e scopre la tastiera di tasti neri e bianchi. È l’inizio della sua avventura nella musica. Ogni giorno per molti pomeriggi Giovanni incontrerà il pianoforte, in gran segreto, e imparerà a conoscerlo sempre meglio. Un inizio da bambino prodigio che da autodidatta scopre le prime nozioni musicali e impara a riconoscere a orecchio le note musicali che sente nei dischi. Giovanni è un bambino timido, che sta per conto suo, si sente brutto, non viene invitato alle feste. In compenso forse per sublimazione alla carente vita sociale riesce bene negli studi e naturalmente si dedica anima e corpo al pianoforte. Una passione che lo porta a viaggiare. Inizialmente per la penisola italiana, in treno, senza i soldi per pagarsi una camera d’albergo, magari per un concerto con poche persone. Si trasferisce a Milano per frequentare il Conservatorio Giuseppe Verdi. Vive in un piccolo monolocale. E proprio a Milano, una città che Giovanni ama molto, si consumano i suoi primi passi importanti da concertista, qui si alternano le sue prime delusioni e i suoi primi successi. Si mantiene lavorando come cameriere in aziende di catering, svolgendo supplenze alle scuole medie come insegnante di educazione musicale. Nel libro Giovanni Allevi vive una doppia dimensione. Da una parte ci appare come l’uomo più solo del mondo, nella sua condizione di artista. È solo quando si tormenta, quando è nervoso, dubbioso, ma è anche solo quando deve promuoversi, procacciarsi un concerto. E Giovanni Allevi è forse l’ultima persona che un artista assumerebbe come manager, per la sua imbranataggine e il suo ristretto spirito sociale. Eppure la sua più grande nemica, l’ansia, gli viene in soccorso e lo porta a compiere gesti eclatanti, imprese da ultima spiaggia, che finiscono però per risultare vincenti.In altri momenti invece Giovanni Allevi diventa un uomo circondato. In questa seconda dimensione lo scopriamo non solo ma dentro il suo destino di artista chiamato a condividere il suo tempo con gli altri, ovvero il pubblico. Il pubblico, piccolo o grande esisterà sempre nella vita del pianista Giovanni Allevi. Ha sempre inseguito un dialogo, ha sempre sentito come un’urgenza l'affermazione tra gli altri.

martedì 4 marzo 2008

Recensione - Prospettive di un delitto



Regista: Pete Travis
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Genere: Thriller
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Cast:
Dennis Quaid - Thomas Barnes
Matthew Fox - Kent Taylor
Forest Whitaker - Howard Lewis
Sigourney Weaver - Rex Brooks
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Thomas Barnes è un agente dei servizi segreti in missione in Spagna. In occasione di un importante summit sulla guerra globale al terrorismo, il suo incarico è quello di proteggere il Presidente degli Stati Uniti, che soltanto un anno prima ha schermato da una pallottola. Durante il discorso presidenziale, il capo di Stato americano viene colpito e ferito. Tra la folla scoppia il panico e due bombe. A strage avvenuta, saranno i punti di vista delle vittime scampate e dei carnefici spietati a ricostruire l'esatto ordine dei fatti. Niente è quello che sembra. Nessuno è chi dice di essere.
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Nella prima parte di Prospettive di un delitto, la migliore, si ha la sensazione che il film possa rappresentare l'intrigante e infinita variazione di un evento criminale, commissionato da una cellula terroristica ed eseguito otto volte per lo spettatore. Otto punti di vista diventano otto storie differenti, che rilasciano informazioni su tracce ancora aperte mentre ne vengono immesse delle nuove che aprono nuovi enigmi. Non c'è flashback che non possa essere dilatato da altri flashback, non c'è segreto della vita dei personaggi che non ne contenga al suo interno degli altri. Prospettive di un delitto è un thriller aggiornato ai tempi della tecnologia avanzata e chiuso su se stesso malgrado la struttura "aperta". È un action-movie dell'epoca della minaccia terroristica ripetibile come il loop di un otto volante. Un po' Lost, un po' 24, il film di Pete Travis si ispira senza ispirazione alla produzione televisiva americana. Prova a catturare la nostra attenzione, a ottenere la nostra adesione e la nostra partecipazione emotiva, reiterando ed espandendo indefinitamente l'evento rappresentato (l'assassinio in diretta del Presidente) e lavorando sulle attese rispetto alla soluzione dell'enigma. Il regista inglese sceglie immodestamente di "rifarsi" proprio al (tele)cinema di J.J. Abrams (Lost) e di Joel Surnow e Robert Cochran (24), accumulando tutti i luoghi comuni legati ai killer spietati e perfezionisti, all'assassino redento per amore (di una bambina), all'alta tecnologia applicata al crimine, al thriller politico e così via. Un film antologia, un assemblaggio di costanti, di tipizzazioni, di situazioni standard, che attiva immediatamente la memoria alla ricerca di una sequenza già vista e una battuta già ascoltata.
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Pesa sull'insieme un cast eterogeneo, attori privi di carisma o troppo carismatici. Una sfida fra divi che mette in gioco passato e presente. Alla fine resta poco: un thriller ordinario, risolto in modo sbrigativo e americanamente consolatorio, che genera aspettative ma non regala un surplus di qualità. Questione di punti di vista.

lunedì 3 marzo 2008

Il nuovo album dei Nine Inch Nails è online!


Trent Reznor ha mantenuto la parola e per lanciare il nuovo album dei suoi Nine Inch Nails ha orchestrato una articolatissima strategia fortemente incentrata su Internet. Il disco si intitola Ghosts I-IV ed è una raccolta di 36 brani strumentali, registrati lo scorso autunno.Un disco anomalo, insomma, dalla distribuzione ancora più particolare, iniziata questa mattina. Tutto viene gestito sul sito ghosts.nin.com, con cinque opzioni possibili:
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1. il download di Ghosts I, cioè i primi nove brani dell'album, per un assaggio sotto forma di MP3 ad alta qualità. Download immediato.Prezzo: GRATIS.
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2. l'intero album in versione digitale, potendo scegliere tra vari formati (tutti ad alta qualità) e ricevendo anche un libretto in .pdf di 40 pagine e vari extra multimediali (sfondi per il pc, immagini, oggetti pensati per i social network). Download immediato.Prezzo: 5 dollari (al cambio attuale 3,28 euro circa)
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3. l'intero album su due compact disc, che verranno spediti a partire dall'8 aprile. Chi sceglierà questa opzione potrà automaticamente scaricare gratis anche l'intero album in formato digitale.Prezzo: 10 dollari (6,56 euro, circa). Nel sito non si parla di spese spedizione, questo però non significa necessariamente che siano gratis.
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4. l'intero album in edizione deluxe: 2 compact disc, un dvd contenente tutte le canzoni in multitraccia (in modo da facilitare i remix), un disco blu-ray con l'album ad altissima definizione e una serie di diapositive che ne accompagnano l'ascolto, un libro illustrato di 48 pagine. Spedizioni a partire dal 1° maggio. Anche in questo caso è previsto il download gratuito e immediato dell'album digitale. Prezzo: 75 dollari (circa 49,30 euro). Da preventivare qualche spesa di spedizione.
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5. super edizione deluxe. Contiene tutto ciò che forma la versione da 75 dollari, più l'album in vinile (quattro dischi) e una raccolta di stampe d'arte a tema. Ne sono prodotte solo 2500 copie, numerate e firmate da Trent Reznor. Spedizione dal 1° maggio. Prezzo: 300 dollari (197,23 euro circa), più eventuali spese di spedizione.
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Nel momento in cui scrivo, il sito è già intasato dalle richieste. Un po' com'era capitato ai Radiohead lo scorso ottobre. Se i download o gli ordini non funzionano, il consiglio è di riprovare domani mattina, approfittando del fuso orario e del sonno degli americani.
A prima vista, questa appare come un'iniziativa di promozione musicale con i controfiocchi, che sprizza Internet e nuove tecnologie da tutti i pori, senza però chiudere alcuna porta agli appassionati dei vecchi supporti. Ci sono gli MP3 ad alta qualità, ci sono i cd e ci sono anche i vinili (e non solo nell'edizione superdeluxe: nelle faq, Reznor avverte che un'edizione del disco in vinile da 39 dollari sarà in vendita nei negozi a partire da aprile). C'è l'apertura completa ai remix e c'è anche un'importantissima concessione ai filesharer. Il disco è infatti distribuito sotto una licenza Creative Commons, il che vuol dire che lo si potrà condividere via P2P o addirittura distribuire sui propri blog e siti Internet (ma non a scopo di lucro). In0ltre, le canzoni sono assolutamente prive di DRM. Esattamente ciò che vogliono gli utenti, insomma.
Visti i problemi con il download, io non ho ancora avuto modo di ascoltarlo. Però mi sembra che la strategia di distribuzione sia praticamente perfetta, con una meritevole varietà sia di soluzioni tecnologiche che di opzioni economiche. Dai tre euro e rotti per il download dell'intero album ai quasi duecento per i veri feticisti e collezionisti. Qualcuno potrà obiettare che non si tratta di un vero e proprio album di canzoni, ma solo di una raccolta di brani strumentali. Ma in realtà questo poco importa. Primo, perchè in futuro assisteremo a una varietà sempre maggiore anche nelle tipologie delle uscite: dischi "normali", strumentali o di remix; singole canzoni e raccolte monumentali. Non ci sarà più l'obbligo di rimanere legati alla forma dell'album. Secondo, perchè nessuno è obbligato a comprare Ghosts I-IV. Lo si può anche solo provare gratis e se non piace o non si è convinti della sua natura strumentale, pazienza. Sarà per la prossima uscita.
Di recente, Reznor è stato coinvolto in un'iniziativa di download legata a un album del rapper Saul Williams e ha deciso di pubblicare tutti i risultati di quell'esperimento. Spero che tra un paio di mesi faccia lo stesso anche per Ghosts I-IV: così potremo iniziare ad avere un'idea su come reagisce il pubblico di fronte a simili percorsi innovativi (e, di conseguenza, sulla reale efficacia di business dei medesimi). Credo che anche gli altri artisti (e perchè no, le etichette discografiche) dovrebbero seguire con molta attenzione l'esempio dei Nine Inch Nails. Sempre che il download inizi a funzionare, ovviamente. Nella mezz'ora impiegata a scrivere questo post è tutto rimasto bloccato...

domenica 2 marzo 2008

Recensione - Valet - Naked Acid


Una lenta processione di tamburi, uno sfarfallio di cristalli in festa, timidi accordi strappati alla propria anima. Si parte all’unisono, dall’origine: uomo (Adrian Orange) - donna (Honey Owens), (“We Went Here”). E’ tutto chiaro: la lunga notte è finalmente alle nostre spalle. La luce del sole comincia a riscaldare la corteccia degli alberi, lievemente, insinuandosi come un laser tra i rami della foresta. Pochi minuti e l’incanto svanisce. E’ stato tutto un miraggio? Un sogno? Una visione angelica dissoltasi celermente tra le rosse sequoia sempevirens dell’Oregon? Vedremo.
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"Naked Acid", o meglio: tentare di annullare la costante di dissociazione di un acido. Privarlo della sua liquidità velenosa. Renderlo etereo. Liberarlo dalla sua condanna. Non più corrosione, ma alleviazione. A distanza di due anni, torna Honey Owens, aka Valet. L’oscurità lisergica di “Blood Is Clean” sommersa da nuovi colori. C’era solo da illuminare. E luce fu.
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“Drum Movie” vola via, senza lasciarsi toccare. Eppure è lì, ci sono dei suoni circolari che indicano la presenza di un corpo sonoro. Forse è solo l’eco che rimbomba da un cunicolo non identificato, da attraversare a occhi chiusi, nella speranza che un mantra indiano venga a tenderci la mano, mostrandoci la retta via. “Kehaar” è il suo nome. Sei minuti di dissolvenze tribali, di preghiera, di estetica spirituale.La psichedelia sognante dei Dadamah di “Too Hot To Dry” è solo accarezzata, ceduta alle grazie di una Raidne in preda all’orgasmo. Un tran tran di ritmi instabili, di plettri velenosi a spingerla altrove (“Fuck It”).Stasi esotica tesa a placare i primitivi istinti. E’ in atto la pietrificazione sonica delle ansie regresse. La Owens utilizza una scarna strumentazione, non esplora nessuna nuova frontiera, resta seduta ai bordi di un ruscello, l’ipnosi è tutta nelle sue corde, nel suo canto invasato, il suo richiamo non ha tempo, non ha trend (“Fire”).
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E pensare che il sole da queste parti scivola via in un batter d’occhio. Un’occhiataccia alla finestra, un’altra di scatto verso il laptop, prima di estrarre il campionatore dalla valigia, di collegarsi alla spina con l’adattatore, di ricordare a tutti che i cari Nudge sono pur sempre nell’altra stanza, pronti a inscenare un rave privato con tanto di two step terzomondista ("Streets").Esaurita la carica danzante, le luci si spengono, in festa. La notte bussa già alle porte, con i suoi ghigni, i suoi ululati, i suoi sibili sfuggenti. L’estro compositivo della nostra musa riaffonda nella contemplazione di sempre, in attesa di un nuovo giorno, di un nuovo fascio luminoso da sintetizzare, accattivare.
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Tracklist - Naked Acid:
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1. We Went There
2. Drum Movie
3. Kehaar
4. Fuck It
5. Babylon 4 Eva
6. Fire
7. Streets

sabato 1 marzo 2008

Joe Strummer - Il futuro non è scritto

E' uscito il 29 febbraio in tutte le sale il film che ripercorre la vita dell’anticonvenzionale leader della band The Clash, Joe Strummer.Il regista ha voluto omaggiare il cantautore, suo grande amico, ripercorrendo attraverso un documentario, le varie tappe della vita di Strummer.
Figlio di un diplomatico, ribelle, fuori dagli schemi, pacifista convinto, a soli 24 anni da vita alla band The Clash assieme all’amico Mick Jones e rientrerà assieme ad altri gruppi come i Sex Pistols in quello che è stato definito movimento punk a cavallo degli anni ‘70 e ‘80.
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Il regista ha spiegato come la personalità contradditoria del musicista emerga nel film da lui diretto :”Questo film è il tentativo di affrontare la morte improvvisa di un amico molto caro. È stata un’esperienza straordinaria raccontare una persona come Joe che, grazie alla sua celebrità, era capace sia di comunicare con i ragazzi di tutto il mondo sia di restare imprigionato in un meccanismo autodistruttivo“.
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Il regista mette in luce come molto spesso chi è famoso diventa facilmente vittima del sistema rimandendo il più delle volte imprigionato in quel mondo patinato che catalizza l’attenzione di tutti.
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Inoltre il regista prosegue: “Joe ha cercato di umanizzare la cultura della celebrità e non ha mai smesso di lottare contro il concetto per cui chi è ricco e famoso è di conseguenza più importante. Il messaggio antiautoritario, antimilitarista, pacifista e libertario, portato da Strummer e dal punk in generale, è una grande fucina di idee, che può continuare a dire molto ai più giovani.”
Il film documentario è stato presentato al Festival di Torino e di Sundance ed è ricco di animazioni, disegni creati dalla mano del musicista, filmini di famiglia, interviste ma anche ricordi, riflessioni, confidenze che il cantautore ha scambiato con i propri familiari e con personaggi del calibro di Bono, Matt Dillon, Martin Scorsese.