domenica 27 aprile 2008

Gli U2 sbarcano al cinema, e lo fanno con stile....

In scena in questi giorni all´Arcadia di Melzo e all´Uci Bicocca l'ultima trovata di Bono e soci: il concerto su grande schermo in 3D.
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Un´esperienza unica con la sensazione di essere veramente presenti all´evento musicale. Si superano i cancelli dello stadio. Si corre a perdifiato per arrivare primi all´evento: il concerto degli U2, in un roboante tour attraverso il Sud America. La tensione sale, si levano le mani, qualcuno davanti a noi li vede per primo e inizia a saltare. Bono e i suoi non fanno a tempo a salire sul palco e già intonano Vertigo. Le luci ci appannano la vista, il ritmo della batteria carica la massa che si spinge in avanti e ci catapulta sotto il palco dove il cantante irlandese continua ad interpretare i suoi trascinanti successi. Si susseguono Beautiful Day, One e arriva anche Sunday Bloody Sunday: proprio mentre canta la canzone che lo rese celebre Bono, in un attimo di commozione, disegna con le mani una carezza che si leva verso il suo pubblico.Un´emozione unica, un sogno per molti fan, reso possibile grazie ad una nuova tecnologia: il documentario musicale U2 3D è stato infatti ideato e girato pensando unicamente a una fruizione in sale digitale 3D. I registi Catherine Owens e Mark Pellington hanno coordinato diverse troupe di operatori che hanno seguito i concerti sudamericani della band; da questo mastodontico lavoro di squadra nasce il primo evento dal vivo ripreso, prodotto e proiettato con tecnologia 3D.
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Dopo la presentazione al Festival di Cannes, il film ha girato i cinema europei e da oggi arriva anche in Italia, grazie all´attenzione per le novità di esercenti come Piero Fumagalli dell´Arcadia di Melzo. «Gli U2 sono un gruppo che si è sempre distinto per l´interesse verso le ultime sperimentazioni in campo cinematografico.
Nel 1988 uscì Rattle and Hum che era uno dei primi film con l´audio in Dolby. Oggi hanno scelto di realizzare in 3D le riprese di questo tour: un´avventura lungo la nuova strada intrapresa dal cinema». Provare per credere da oggi all´Arcadia di melzo appunto e all´Uci Bicocca. Guardandolo dalle prime file, U2 3D fa vivere allo spettatore l´emozione del concerto, raddoppiata dalla forza di alcune trovate visive. La più sorprendente resta la carezza che Bono ci offre, ma anche la sua smaterializzazione in tanti pixel mentre canta Sometimes you can´t make it on our own. Se le proiezioni in 3D sono comparse sporadicamente dagli anni Settanta, oggi è arrivato il momento dell´esplosione di questo fenomeno, grazie a una più sofisticata tecnologia. È successo negli Stati Uniti con il film per ragazzi Hannah Montana/Miley Cyrus, ispirato a un celebre serial, e la moda è arrivata ora in Italia, dove la decina di sale attrezzate ha raggiunto ottimi risultati al botteghino. Ed è difficile considerarla soltanto una moda passeggera se una casa di produzione come la Dreamworks ha dichiarato che i suoi prossimi film saranno unicamente in 3D, e il regista James Cameron ha scelto proprio questa strada per il suo prossimo block-buster: Avatar, storia di un ex-marine alle prese con i mutanti.

venerdì 25 aprile 2008

Recensione - 21


Regia: Robert Luketic
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Genere: Drammatico
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Cast:
Jim Strugess: Ben Campbell
Kate Bosworth: Jill Taylor
Laurence Fishburne: Cole Williams
Kevin Spacey: Micky Rosa
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Ispirato ad una storia vera, 21 racconta le gesta di Ben Campbell, brillante studente del Mit che, per raggranellare i soldi necessari a pagarsi l'università, decide di unirsi a un gruppo scelto di cervelloni che ogni settimana, dotati di false identità, saccheggiano i casinò di Las Vegas grazie alla loro abilità nel gioco del Blackjack, guidati da Micky Rosa, un geniale e ben poco ortodosso professore, capace di elaborare un sistema infallibile per vincere, basato su segnali e conteggi matematico-probabilistici applicati al gioco. Le iniziali fortune fanno montare la testa a Ben che, invaghito della bella compagna di avventure Jill Taylor, si spinge sempre più in là, fino ad arrivare a superare il punto di rottura, rappresentato da Cole Williams, manager della security del casinò che non vede di buon occhio i continui successi di Ben…
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Il casinò è uno dei luoghi meglio frequentati dal cinema: è stato teatro di numerosi film di successo e promana sempre un fascino particolare. Nonostante sia ispirato ad una storia vera (sembra incredibile, eppure è così, e il romanzo "Bringing Down the House" è lì a ricordarcelo), 21 strizza l'occhio in maniera più o meno smaccata alla trilogia di Ocean's, con al posto delle rinomate star guidate da Clooney, un gruppetto di giovani promesse con pochi soldi (nel film, ovviamente) e molto cervello. Il vero spettacolo però, prevedibilmente, si ha quando nell'arena scendono i sempre amabili Kevin Spacey (che si diverte come un matto) e Lawrence Fishburne che danno lezioni di stile e dimostrazione di consumato talento.
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Insomma, ambiente elettrizzante, 2 mostri sacri come Spacey e Fishburne e una storia incredibile quanto vera; quello che ne risulta è un ottimo film, a tratti forse scontato, ma capace di trattenere lo spettatore fino all'ultimo fotogramma, nonostante la lunga durata (ben 125 minuti). da vedere.

lunedì 21 aprile 2008

Recensione - Piero Pelù - Fenomeni


Roma - La «vita nova» di Piero Pelù. Da buon toscano l’ex leader dei Litfiba dà la poetica svolta alla carriera col nuovo cd Fenomeni, presentato negli imbottiti studi Rai di via Asiago. Uno show da 130 decibel, quelli sparati dai monitor da palco, che avrebbe potuto addomesticare il più tenace dei metallari. Ma che invece ha convinto i presenti (andrà in onda il 2 maggio su RadioUno), che nonostante le distorte vitamine della versione live, la musica è cambiata. Merito della semplicità, dell’immediatezza da tempo perduta in sede di missaggio. E non è solo questione di formazione (chitarra, basso, batteria), ma di alcuni accorgimenti tecnici, come la maggior attenzione nell’equalizzazione della voce, determinanti.
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E non solo la musica è cambiata: dopo il non indolore scisma dal mitico Ghigo Renzulli, il vero Piero Pelù, quello dall'anima rock anticonformista, sembrava oscurato, quasi scomparso, ma sembra finalmente che uno dei mostri sacri del rock italiano sia finalmente tornato alle origini. Nel nuovo cd (11 brani, tra cui la nuova versione di Il mio nome è mai più), infatti, il rock comanda ma non soverchia e quando il ritmo cala arrivano le sorprese. A cominciare da Amor Diablo che chiude in jazzistica bellezza la raccolta nella quale spicca la dolce Mamma Madonna. «E se vi comprate il cd sul web avrete due bonus track - annuncia Pelù -. La versione punk della sigla del cartone animato Jeeg Robot cantata da Roberto Fogu e la cover di Revolution dei Beatles». Brano in realtà già cliccato da 12 mila persone su My-Space. E a proposito dello scomparso Fogu, in arte «Fogus», sembra che questo curioso personaggio sia diventato una passione da coltivare: «Voglio girare un film su di lui, con quel suo timbro dannatamente soul e una vita tutta da raccontare...». Pelù è diventato grande così può parlare serenamente dei maestri: «Il mio primo approccio con il rock è stato con Paranoid dei Black Sabbath; è quando ho tolto la plastica da quell’lp, che ho perso la mia verginità. Certo però che i Led Zeppelin sono inavvicinabili».
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Torniamo al cd, incuriosisce Ufo su Firenze: «Nel 1954 - racconta - la partita di calcio Fiorentina-Pistoiese fu ravvivata dall’arrivo di un Ufo. Quando l’oggetto andò via, sul campo trovarono silicio. Mi sembra facile assimilare la paura per le creature che vengono dallo spazio con chi è diverso da noi e viene a vivere nel nostro Paese». Paure, che secondo Pelù, sono state determinanti per l’esito delle elezioni. «Ero convinto che Berlusconi avrebbe vinto. Dopo la caduta del Muro la sinistra ha fatto troppi errori. Sono preoccupato». Preoccupazione anche per il difficile rapporto con la figlia più grande, oggi diciottenne, raccontato nel pezzo Ti troverai. «Sono stato un figlio difficile e oggi mia figlia è ancora più complicata. Questa canzone è un modo per parlarle». E allora non resta che mettere l’elmetto e combattere a forza di dediche. Bella forza.
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Tracklist:

1. Tutti Fenomeni
2. Mamma Ma-Donna
3. Parole Diverse
4. Viaggio
5. Nato Qui
6. Verità
7. Ti Troverai
8. Zombies
9. Ufo Su Firenze
10. Amor Diablo
11. Il Mio Nome E’ Mai Più - rock version (Bonus Track)

sabato 19 aprile 2008

Stanno tornando.... occhio alla scossa!....


Buone notizie per gli amanti dell'hard rock!
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Gli AC/DC hanno iniziato a registrare il loro nuovo album, il primo dopo otto anni. La band australiana dovrebbe essere entrata in studio lo scorso 1° marzo. L’aveva affermato, attorno alla metà dello scorso febbraio, il bassista Cliff Williams, in line-up dal 1977.
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Ora Eddie Spaghetti, il frontman dei Supersuckers, gruppo rock formatosi in Arizona, ha affermato che il nuovo disco della sua band subirà un ritardo nella pubblicazione in quanto il produttore designato, Billy Bowers, si è messo a lavorare in coppia con Brendan O’Brien sul nuovo CD degli AC/DC. La band sarebbe al lavoro con Bowers e O’Brien in Canada.
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Quindi, dopo 8 lunghi anni dall'uscita dell'ultimo album, Stiff Upper Lip, in un periodo di reunion e grandi ritorni (vedi il ritorno dei Kiss, o le reunion di Led Zeppelin, Genesis e, secondo le ultime indiscrezioni, Pink Floyd), ecco il ritorno di una delle band più spettacolari e intramontabili dell'hard rock, personaggi, Angus Young in primis, che hanno segnato la storia del rock moderno, soprattutto per quanto riguarda i live: scenografie spettacolari, luci psichedeliche, una voce, quella di Brian Johnson, che ancora adesso fa venire dei dubbi su come possa un essere umano resistere per più di 2 ore a cantare con quella voce incredibilmente acida, e poi Angus.... non credo ci sia bisogno di aggiungere altro, il nome è già una garanzia....
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E proprio riguardo ai live c'è la seconda notizia: al termine delle registrazioni molto probabilmente sarà annunciata una tournèe per promuovere il disco (ginocchio di Angus permettendo); restiamo in trepidante attesa, e speriamo che ai fratelli Young e soci l'Italia sia piaciuta abbastanza da tornare a farci visita....Incrociamo le dita.....

mercoledì 16 aprile 2008

Recensione - Oxford Murders, teorema di un delitto


Regia: Alex De la Iglesia
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Genere: thriller
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Cast:
Elijah Wood - Martin
John Hurt - Prof. Seldom
Leonor Waitling - Lorna
Julie Cox - Beth
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Martin è un giovane studente americano con la passione per la matematica e per un teorico in particolare, il professor Seldom. Giunto ad Oxford per conoscerlo, prende alloggio presso un'anziana ed eccentrica signora, la quale, due giorni dopo, viene trovata morta nel suo soggiorno. È solo il primo di una serie di omicidi e il primo di una sequenza di segni che l’assassino lascia dietro di sé quasi come sfida verso il professor Seldom, vittima dopo vittima. Il dottorato di Martin si trasforma, così, in un tirocinio sul campo: riusciranno lui e Seldom a indovinare la logica che sta dietro quelle morti, in modo da porre fine alla macabra sequenza? Alex de la Iglesia, cineasta con una laurea in filosofia, si misura con il mystery vecchio stile, giocando con i suoi ingredienti strutturali, e intavola un intelligente "Cluedo" in cui ogni elemento rimanda ad un concetto, ogni ipotesi ad una visione possibile; d'altronde un simbolo non è che un segno che rimanda a qualcosa d’altro. L'impianto è quello del giallo classico, in cui il mistero viene chiarito dall’investigatore di turno attraverso la logica. Solo che è la logica stessa, qui, a finire sul banco degli imputati. Chi ha ragione: il giovane studente, fiducioso nel disegno che ordina silenziosamente il nostro agire, o il vecchio e cinico professore, per il quale la verità assoluta è irrimediabilmente irraggiungibile? La realtà ha un'essenza matematica e noi possiamo riuscire a decodificarla o la vita è semplicemente una fonte inesauribile di humour nero? Come Sherlock Holmes e il fido Watson, Martin e Seldom guidano lo spettatore attraverso un percorso deduttivo, mescolano analisi logica e psico-logica, si fermano tra le braccia di una bella infermiera, sfiorano la deriva nel sottogenere psichiatrico, semplificano senza mai ingannare, memori degli errori rappresentati da altri "codici" cinematografici.
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Nonostante l'ispirazione matematica e la geometria delle vie di Oxford, il film trasuda passione (anche intellettuale) e sensualità (grazie al personaggio di Lorna); e se pecca un poco di presunzione, lo fa, in fondo, restando strettamente in tema. Con Oxford Murders, lo spagnolo De la Iglesia, spalleggiato da due pedine coinvolte e coinvolgenti come Elijah Wood e John Hurt, ha trasformato quello che poteva restare un thriller dotto e nordico in una partita di domino: gioco meccanico, apparentemente innocuo, ma in verità capace di innescare reazioni a catena.

giovedì 10 aprile 2008

Recensione - Molto incinta


Regia: Judd Apatov
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Genere: Commedia
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Cast:
Seth Rogen - Ben Stone
Katherine Heigl - Allison Scott
Paul Rudd - Pete
Leslie Mann - Debbie
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Ben Stone è un ventitreenne che ha pochi soldi e vive con quattro amici una vita da eterno adolescente. Il loro obiettivo? Creare un sito Internet in cui informare sull'esatto minutaggio dei film in cui le star del cinema compaiono più o meno nude. Alison Scott è una giovane in carriera che ha appena avuto una promozione nel network dedicato ai divi di Hollywood presso cui lavora: passerà davanti alla telecamera per interviste. Si reca quindi la sera in un locale per festeggiare e lì incontra Ben. L'alcool fa il resto e i due si ritrovano a letto impegnati in un rapporto senza contraccettivi. Otto settimane dopo Alison scopre di essere incinta…
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Judd Apatov, dopo il successo di 40 anni vergine centra di nuovo il bersaglio del box office americano con questa commedia finalmente diversa dalla media di quelle che ci arrivano da Hollywood. Il segno del cambiamento è dato già dalla durata: 129 minuti. Commedie come questa solitamente superano di poco l'ora e mezza. Apatov, che ha scritto anche la sceneggiatura, invece si prende tempo. Perché? Perché vuole trasformare i personaggi in persone. Parte da due universi opposti che sottolinea con forza. Avvalendosi di un'esagerazione che potremmo definire 'landisiana' (pensando ovviamente al Landis di National Lampoon e di Animal House) ci descrive il gruppo di amici caricandoli di tutte le volgarità possibili. Dall'altra parte, a contrasto, propone un nucleo borghese con grandi e piccole ipocrisie, sia nel privato che nel mondo del lavoro. Ben e Alison potrebbero essere così l'ennesima coppia buddy/buddy. Invece sono qualcosa di più: messi di fronte alla presenza di una nascita possibile i due personaggi restano al contempo se stessi pur trasformandosi reciprocamente. Questo permette allo script di continuare a farci sorridere o ridere ma non rinunciando a inserire temi quali la responsabilità, l'aborto, la necessità di una crescita personale, il senso del passare del tempo e della adolescenza che se ne va. Non mi lancerò, come alcuni hanno fatto negli States, nell'ormai abusatissimo paragone con Harry ti presento Sally. Quello che è certo è che, finalmente, abbiamo di nuovo di fronte l'esempio di come si possa realizzare una commedia di successo senza chiedere allo spettatore di lasciare i neuroni a casa. Se ne sentiva la mancanza.

mercoledì 9 aprile 2008

Smoke on the water il miglior riff di sempre


Il rock classico non teme confronti. Da un sondaggio svolto tra gli allievi delle scuola di musica di Londra, e pubblicato dalla rivista inglese Daily Telegraph, il riff di chitarra più amato della storia della musica è quello di "Smoke On The Water" dei Deep Purple (1973). Subito dietro i Nirvana, gli Aerosmith e Jimi Hendrix. Poco amata la musica dei giorni nostri visto che solo 7 riff tra i primi 25 appartengono a canzoni degli ultimi dieci anni.
Dietro "Smoke On The Water", uscito dalla Stratocaster di Ritchie Blackmore, nella top 25 entrano passaggi storici della musica rock, da "Purple Haze" di Jimi Hendrix (1967), "My Generation" degli Who (1965) ma anche la meno blasonata ma amatissima "Eye of the tiger" dei Survivor (1983), colonna sonora del film "Rocky III".
Tra i brani più recenti, si piazza bene "Smells like teen spirit" dei Nirvana, al numero due assoluto. Pur non uscendo vincenti, fanno la parte del leone i Guns N Roses: i riff partoriti dalla Gibson di Slash hanno conquistato il quinto, sesto, e decimo posto rispettivamente con "Sweet child o' mine", "Paradise city" e "Welcome to the jungle", tutti brani contenuti nell'album del 1987 "Appetite For Destruction".
Stranamente, visto che il sondaggio è stato realizzato a Londra, la classifica è dominata dagli artisti americani, al punto che viene ignorato o quasi un re del riff come Keith Richards dei Rolling Stones, la cui "Satisfaction" può essere considerata la canzone con il primo vero riff chitarristico della storia, nonché uno dei più famosi. Ma anche il 25° posto, fanalino di coda della classifica, di "Money for nothing" dei Dire Straits suona strano ancora di più se accostato al 19° di "7 nation army" degli White Stripes, sicuramente ottimi accordi, ma sicuramente molto lontani dai riff di Mark Knopfler, uno che certe cose le fa a mani nude....

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Ecco la classifica:
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1. Smoke On The Water - Deep Purple (1973)
2. Smells Like Teen Spirit - Nirvana (1991)
3. Walk This Way - Aerosmith (1975)
4. Purple Haze - Jimi Hendrix (1967)
5. Sweet Child O Mine - Guns N Roses (1987)
6. Paradise City - Guns N Roses (1987)
7. Ace Of Spades - Motorhead (1980)
8. Enter Sandman - Metallica (1991)
9. Under The Bridge - Red Hot Chilli Peppers (1992)
10. Welcome To The Jungle - Guns N Roses (1987)
11. Run To The Hills - Iron Maiden (1982)
12. Walk - Pantera (1992)
13. Johnny Be Goode - Chuck Berry (1958)
14. Back In Black - AC/DC (1980)
15. Immigrant Song - Led Zeppelin (1970)
16. Wake Up - Rage Against The Machine (1992)
17. Highway to Hell - AC/DC (1979)
18. My Generation - The Who (1965)
19. 7 Nation Army - The White Stripes (2003)
20. Born To Be Wild - Steppenwolf (1968)
21. Give It Away - Red Hot Chili Peppers (1991)
22. Paranoid - Black Sabbath (1970)
23. Voodoo Chile (Slight Return) - Jimi Hendrix (1967)
24. Eye Of The Tiger - Survivor (1982)
25. Money For Nothing - Dire Straits (1984)

martedì 1 aprile 2008

Recensione - 27 volte in bianco


Regia: Anne Fletcher
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Genere: Commedia
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Cast:
Katherine Heigl - Jane
James Marsden - Kevin
Malin Akerman - Tess
Edward Burns - George
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Jane è una ragazza romantica e generosa, anche troppo a volte, follemente innamorata del suo capo e dei matrimoni. La sua passione per le cerimonie nuziali è talmente forte che finora ha partecipato a ben 27 matrimoni in 'veste' di damigella e tiene custoditi nell'armadio tutti i bellissimi abiti indossati di volta in volta. Questo in attesa del giorno in cui arriverà finalmente il 'suo' giorno più bello, magari insieme all'uomo dei suoi sogni, che non sembra essersi ancora 'accorto' di lei e che proprio non riesce a vederla in 'quel modo'. Nel frattempo Jane dovrà accontentarsi del corteggiamento cinico ed opportunista di un'adorabile canaglia di nome Kevin, un cronista a caccia di scoop sulla 'ragazza dei matrimoni'. A svegliare la ragazza da ogni illusione, il ritorno della sorella minore Tess, un'insopportabile viziata biondina mozzafiato che in un colpo solo riuscirà a distruggere i suoi sogni d’amore e la sua fissazione per i ricevimenti di nozze. Dopo aver vestito i panni di una giovane giornalista televisiva alle prese con una gravidanza indesiderata in Molto incinta, la bella Katherine Heigl si infila in maniera strabiliante tutti i 27 abiti del titolo originale, confermando la sua predilezione per i ruoli comici, in questa esageratamente classica commedia sentimentale. Il film è costruito sul suo personaggio, un mix di bellezza, autoironia, goffaggine e sensualità, capace di strappare qualche risata a tratti, ma niente di più. 27 volte in bianco consacra l'ex modella e attrice tv, come la nuova icona romantica di Hollywood (una degna erede di Julia Roberts) anche grazie alla scia di successo lasciata negli anni dalla leggendaria Bridget Jones.
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Ed ecco allora la migliore amica dalla battuta fulminante, l'uomo dei sogni che non ricambia, l'imbattibile rivale in amore, le crisi depressive, la gelosia, il cinismo e l'immancabile "e vissero tutti felici e contenti".
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Tutto molto prevedibile, qualcosa si salva grazie all'ironica sceneggiatura di Aline Brosh McKenna, (la stessa de Il Diavolo veste Prada) e alla regia frizzante e simpaticamente frivola di Anne Fletcher (brillante coreografa di Hairspray e 40 anni vergine). E' la classica commedia romantica che non si capisce se voglia far ridere o piangere, ma nessuna delle due cose gli riesce troppo bene.... Consigliato a chi è alla ricerca di qualcosa di poco impegnativo.