lunedì 30 luglio 2012

LozQuiz - Ci Vuole Orecchio - Anni '60


Ciao a tutti!

Dopo un periodo di latitanza pesante riesco finalmente a riprendere a curare questo piccolo blog con la giusta costanza....

Ci sono un po' di rubriche da riesumare, e la prima è quella dei quiz! Dopo il delirante quiz sulle facce torniamo alle tracce audio, come sempre ci sono 100 tracce di pochi secondi e il vostro compito sarà di indovinare - per ogni brano - artista e titolo. Questa volta ho deciso di fare 5 quiz, uno per ogni decennio dagli anni '60 agli '00, e quello di oggi è il primo capitolo, quello dedicato agli anni '60, quindi tenete sempre a mente che tutte le canzoni sono state pubblicate in quella decade.... In più vi dico già che le 100 canzoni sono di 100 artisti e/o gruppi differenti e che l'ordine è completamente casuale, quindi potreste trovare la canzone più facile alla fine e la più difficile all'inizio....


Un ultimo suggerimento, se aprite il file con office 2003 i file audio partiranno automaticamente al doppio clic sull'icona, con le versioni 2007 e 2010 partirà windows media player, nulla che intacchi il funzionamento del gioco, ma con office 2003 eviterete di avere la finestra di WMP tra le scatole.... ^_-

Per scaricare il quiz cliccate QUI (potrebbero volerci alcuni minuti, il file è abbastanza grande). Come sempre il mio consiglio è quello di lasciare commenti a questo post se avete bisogno di suggerimenti e aiutarvi a vicenda, ovviamente senza scrivere le soluzioni in chiaro altrimenti è troppo facile...

Detto questo armatevi di orecchio e in bocca al lupo!

Attenzione! Ho corretto un errore sul quiz, il link ora contiene il file corretto, se avete scaricato la prima versione del file riscaricatelo, oppure tenete conto che alla numero 56 artista e titolo sono invertiti, scusate per l'errore....

giovedì 26 luglio 2012

Come te nessuna mai....


E' mezzanotte, sono già passate 48 ore da quando la folla si avviava all'uscita di Villa Arconati, eppure il foglio virtuale di fronte agli occhi è ancora vuoto. Non è sindrome da pagina bianca, non è indecisione sulla frase iniziale, è soltanto che le emozioni forti hanno bisogno di tempo per essere assorbite, e lunedì sera le emozioni sono state talmente tante e talmente forti che il dubbio di non averle ancora afferrate completamente persiste nell'attanagliarmi. Il cuore è tanto pieno che rischia di scoppiare, nella testa continuano a girare i ritornelli delle canzoni, e quella frase, meravigliosa, che Patti Smith ha stampato nei cuori di chi c'era, quando nel furore esplosivo del finale ha urlato con tutte le sue forze "We are the people, sometimes we shine, sometimes we suck, but every time, every fuckin' night, we are free!"....

Libertà e speranza, sentimenti che traspaiono dalla frase di Patti e dalla sua grinta, sentimenti che si respirano sotto il palco della sacerdotessa in ogni secondo di un'esibizione che chiamare semplicemente "concerto" sarebbe di una banalità e di una superficialità mostruose. C'è stato molto di più lunedì sera, un'atmosfera di unità e di una sorta di appartenenza, è tutto lì, in quella frase, Patti sceglie bene le sue parole, e non dice "voi siete liberi", dice "NOI siamo liberi", noi, lei compresa, ed è questo il succo del discorso, è questa la vibrazione più intensa, quella di sentirsi tutti uniti nella stessa passione, quella per la musica, per il rock, e per le speranze di chi non molla mai. Non è stato un concerto, il palco c'era, ma era soltanto un ostacolo fisico che nulla ha potuto contro il carisma e la forza d'animo di Patti, che non se ne sta su un piedistallo a farsi adorare, canta (mirabilmente) e con le sue parole scende in mezzo alla folla e abbraccia tutti i presenti, prende per mano ogni persona del pubblico e fa da guida verso un idillio poetico strepitoso, tra i ritmi lenti delle ballate romantiche e l'energia atomica di chi a 66 anni ha ancora la forza di fare rock, quello vero e pregno di una passione viscerale che si tramuta in sudore sul palco, per uno show a dir poco travolgente. Si parte morbidi e si finisce spaccando tutto, letteralmente: all'ingresso in scena di Patti e della sua fidata band si attacca con "Redondo beach" tra gli applausi della folla divertita, mentre il saluto finale è affidato ad una versione indemoniata di "Rock'n'roll nigger", con i muri della villa che tremano e fortuna che ci sono le impalcature a reggerli, l'aria è più elettrica e infuocata di quanto la più dura metal band possa fare, Lei spoglia la tracolla della sua Fender nera, afferra le corde e le strappa, in un impeto di frenesia e passione le libera dalle limitazioni fisiche e fa librare il suono più in alto di quanto si potesse immaginare. In mezzo c'è tutto, ci sono quasi due ore di musica formidabile, ci sono sensazioni forti che aleggiano nell'aria ad ogni nota di questo incredibile crescendo ritmico ed emozionale, c'è il pubblico tutto che canta a squarciagola, ci sono brani nuovi e super classici, ci sono "Dancing Barefoot", "Distant Fingers", "Ghost dance" e "Banga", c'è persino "Pissing in a river" in una veste meravigliosa, ci sono la poesia romantica e la rabbia della ribellione, c'è un accenno di "People have the power" che fa saltare anche i sassi, ma soprattutto c'è lei, la sintesi al femminile del rock, una che non ha bisogno di fare l'alternativa, non ha bisogno di trucco e scenografia e se ne fotte di non essere alla moda o di non essere un sex symbol, parla e lancia i suoi messaggi, convinta e incisiva più che mai quando dice che noi italiani dovremmo essere orgogliosi che Emergency sia la creatura di un nostro (grandissimo) connazionale, imperativa quando invita tutti, nessuno escluso, a fare tutto ciò che è in nostro potere per aiutare i più deboli, perchè "Ogni vita umana è preziosa quanto le nostre", e commossa quando dedica "This is the girl" a Amy Winehouse nell'anniversario della sua scomparsa. Ma più di ogni altra cosa Patti è naturale, tanto spontanea da fermarsi nel bel mezzo di un discorso dicendo "Oh, look!" e indicando una farfalla che le volava vicino, o da salvare un ragno che camminava su un microfono dalle grinfie del chitarrista cattivo; non ha bisogno di niente che abbia a che vedere con l'apparenza, perchè il rock non è apparenza, è cuore, e Patti è un enorme cuore pulsante, aperto e sempre disposto a donare palpitazioni.... Non è stata una semplice sequenza di canzoni eseguite in maniera impeccabile, non è stato soltanto il poter dire di aver visto un'immensa icona della musica, è stata una delle esperienze più intense e appaganti che io abbia mai provato, una splendida suggestione dalle mille sfaccettature, riassunte dall'esecuzione finale di Hendrixiana memoria di "Rock'n'roll nigger" o dal delirio devastante di una "Gloria" passionale più che mai, o ancora dall'immancabile, densissima "Because the night", su cui gli occhi si sono fatti lucidi e una lacrima, inarrestabile, è scesa. Potere della musica, potere delle emozioni, potere di una donna davvero incredibile, potente, sensibile, romantica, rabbiosa, ribelle e anticonformista (davvero anticonformista, altro che le solite esibizioniste da quattro soldi), una donna che riesce ad essere rock in ogni istante e secondo ogni possibile definizione del termine, una donna che è stato un piacere e un onore vedere dal vivo, anche se con ogni probabilità lei direbbe semplicemente che lunedì si è trovata con un bel gurppo di amici per passare una bella serata.... Beh, in fondo è stato così, ed è anche per questo, cara Patti, che ti meriti tutti gli elogi che sto cercando di tributarti con queste mie parole ripetitive e molto più banali di quanto in realtà vorrei farle sembrare, lunedì sera una vibrazione tremenda mi ha letteralmente sconvolto, tanto che sono le 5 del pomeriggio e da 17 ore sto cercando invano di trasmettere quel che ho provato su questo foglio ormai lacero e consumato anche se virtuale, e ora ci rinuncio, non posso fare altrimenti, sapevo che saresti stata uno spettacolo ma mai avrei pensato ad una tale intensità, voglio solo dirti grazie, grazie di cuore Patti, come te nessuna mai....




martedì 24 luglio 2012

Scorci di paradiso....



La classe non è acqua, nè mai lo sarà, e quando ce la si ritrova davanti agli occhi è sempre qualcosa di eccezionale, può essere fine a sè stessa, tutta tecnica e allenamento, autocelebrativa a volte, ma sempre e comunque una goduria per gli occhi (e per le orecchie). Domenica sera in quel di Vigevano, nella bellissima cornice del castello sforzesco, i tre signori che campeggiano qui sopra hanno tirato fuori tutta la loro classe e la loro tecnica devastante, sono saliti su un palco fin troppo scarno con l'unico obiettivo di far divertire il pubblico, finendo per affascinarlo, conquistarlo e - per chi sa cosa intendo - emozionarlo....

"Impossibile" verrebbe da dire, perchè la tecnica è tecnica, cosa può avere a che fare con le emozioni? Beh, vedetela così, cercate su youtube un qualsiasi video di Maradona che palleggia a ritmo di musica, con le scarpe slacciate e magari pure con gli occhi chiusi, ecco, se siete appassionati di calcio ora provate a immaginare di essere stati lì, dietro un cartellone pubblicitario a lato del campo a vedere dal vivo la tecnica di un fuoriclasse unico come il buon Diego Armando, avreste avuto bisogno di altro? Credo proprio di no.... Steve Morse, Steve Vai e Joe Satriani domenica sera hanno fatto esattamente la stessa cosa, palleggiato magistralmente, tra numeri di altissima scuola, qualche leziosismo un po' sborone e una tecnica sopraffina che non necessita d'altro, perchè una volta visto il palleggio di Maradona non serve nient'altro per sapere che quel pallone lo può insaccare in rete quando e come gli pare, o può servire assist memorabili anche da seduto in panchina, e così in questo caso non c'è bisogno della voce, non servono brani cantati per sapere che all'occorrenza questi tre possono creare la base sonora perfetta per una qualsiasi canzone, di qualunque genere e secondo qualunque ritmo, magari senza nemmeno fare troppa fatica.... Attacca Steve Morse con la sua band, segue Steve Vai e infine Joe Satriani, prima della jam session di chiusura con tutti e tre i chitarristi sul palco, ma non è certo la cronostoria del concerto che lo può descrivere, non ci sono racconti obiettivi e distaccati che possano spiegare cosa sia successo in quel di Vigevano, e allora fanculo la cronaca e le sue regole, è stato uno spettacolo grandioso! Steve Morse è il primo a calcare le assi del palco ed è orgoglioso di essere lì, lo dice al microfono ringraziando il pubblico e aggiungendo umilmente che "è un onore essere qui a suonare con i migliori chitarristi del mondo", e - aggiungo io - è una goduria stare lì sotto il palco! Steve ci dà dentro a più non posso, diverte, fa battere il piede e tra svisate acide e assoli fulminanti ci piazza pure dei frangenti country mica da ridere, per poi porgere un commosso saluto con tanto di dedica all'amico John Lord, morto lo scorso 16 luglio dopo una lunga ed estenuante lotta con un tumore; una dedica attesa, quasi obbligatoria, ma che si merita l'applauso spontaneo e sentito di ogni persona presente, e anche qualche lacrima versata dai purpliani più duri.... Ora però, non me ne voglia il caro Morse, è tempo che sul palco salgano i pezzi grossi, il primo è proprio lui, il "piccolo virtuoso italiano", come lo aveva soprannominato Frank Zappa: Steve Vai, e non c'è nient'altro da dire, il pubblico non lo tieni più, ad ogni attacco le urla, ad ogni ultrasonica ascesa delle note il delirio della folla, Vai è un tamarro, questo è poco ma sicuro, si getta in virtuosismi infiniti che molti etichettano come estremamente leziosi, ma il discorso è sempre lo stesso, voi chiedereste a Maradona di smettere di fare numeri stratosferici col pallone? Io no, e tantomeno mi sognerei di dire "Basta" a Steve quando ha una chitarra tra le mani, nemmeno sotto tortura perchè, cazzo, è eccezionale! Sentir suonare Vai è un orgasmo per le orecchie, una vibrazione tremenda che scuote da dentro e non ha bisogno di niente di più.... Lui suona in tutti i modi possibili e immaginabili, porta le corde della sua Ibanez bianca a temperature da fusione, e poi corre, gioca con il pubblico, agita la folla e poi rallenta, abbassa il ritmo e con sole 10 magiche dita suona come l'intero corpo della philarmonic orchestra di Londra, poi via di nuovo, altri assoli da tachicardia, polpastrelli che fumano e noi lì sotto a farci travolgere e a godere.... Steve suona persino con la lingua prima di finire il suo spettacolo e dare appuntamento a più tardi, gli applausi scrosciano e qualcuno urla "Perchè è già finito???", ma il prossimo non è certo un dilettante, anzi, è colui che ha insegnato a Steve Vai come si suona la chitarra, il Maestro, l'alieno, Joe "Satch" Satriani, o - come si presenta lui stesso - Giuseppe Satriani. Una pelata compare dal lato del palco e si ricomincia! Ve lo devo dire? Incredibile! Spettacolare, devastante, un'ora di elettricità palpabile, di agitazione da pogo e di grandi, epocali assoli, "Always With Me, Always With You" è un brivido freddo che corre lungo la schiena, "Surfin' with the alien" è l'esplosivo più potente del mondo, una bomba atomica senza radiazioni, "Satch boogie" è una rovesciata di Van Basten da fuori area, è una tripla di Michael Jordan sullo scadere, è Leonardo Da Vinci che dipinge il cenacolo, è genio allo stato puro, nell'accezione monicelliana del termine secondo cui il genio "È fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione". Joe è un mostro, è un tutt'uno con la sua chitarra, un cane sciolto che sa come portarsi a casa gli applausi, e del resto, con una tecnica come la sua la ricetta è semplice: Ibanez a tracolla e plettro in mano, il resto va da sè, ed è meraviglioso....

Ma non è ancora finita, Joe si avvicina al microfono e.... "Make some noise guys! Louder! Again! This is not G1, and not even G2, this is G3!". La frase pronunciata da Joe introduce i due Steve, che tornano carichi più che mai per una jam conclusiva da far risvegliare i morti.... Tre pezzi - e che pezzi! - rovesciati con passione sul pubblico in festa che già al primo brano del terzetto esplode e canta a squarciagola le parole di "You really got me", anno domini 1964, ancora in grado di sconvolgere in una veste tutta rock e sudore, proprio come dovrebbe essere.... E poi l'aura di Mr. Slowhand che travolge gli astanti con "White room", da quella splendida formazione che erano i Cream, inutile dirlo, tutti a cantare, mani alzate e cuori in adorazione, è meraviglioso! Si chiude - e definitivamente stavolta - con Satriani che prende il microfono e annuncia "A bit of Neil Young for you guys!", e qui l'obiettività va a farsi fottere, Morse, Vai e Satriani che suonano "Rockin' in a free world" è qualcosa che va oltre, è un delirio primordiale, è la miglior cavalcata conclusiva che potessi mai aspettarmi, è qualcosa che ancora adesso mi fa palpitare e vorrei poterlo descrivere con parole e metafore, ma proprio non mi riesce, chi c'era può capire, chi non c'era, beh, può solo immaginare.... E' finito, è finito tutto davvero e l'emozione è tanta, alla faccia della "tecnica senza passione", resta appiccicata alla pelle la soddisfazione di aver visto tre dei più grandi chitarristi viventi, e non me ne voglia Steve Morse, sicuramente un gradino sotto gli altri due, e nemmeno Satriani, splendido, incredibile, massiccio e ineccepibile, che con tutte le probabilità obiettivamente è il migliore, ma per me - solo per me forse, ma poco importa - l'allievo ha superato di gran lunga il maestro.... E' un discorso da fan? Sì, ma per me sentire e vedere Steve Vai suonare è stato qualcosa di sbalorditivo, "The audience is listening" è stato un brivido tremendo, "For the love of God" un colpo al cuore, e "Whispering a prayer" è qualcosa che ha a che vedere con la religione (e non certo per il titolo), un dogma debilitante, la spiazzante dimostrazione che la chitarra è lo strumento perferito di Dio. Non è virtuosismo, non è autocelebrazione, è uno scorcio di paradiso per come me lo immagino, e ora che l'ho visto chi se lo scorda più?....












giovedì 12 luglio 2012

50 anni di grazie....


Ciao a tutti!

Esattamente 50 anni fa, il 12 luglio del 1962 sulle polverose assi del palco del Marquee di Londra salivano cinque ragazzi con la passione per il blues e il rock, cinque ragazzi che allora erano alla loro prima volta su di un palco ma già avevano la musica e il successo nel sangue (oltre a varie altre sostanze ma poco importa....)


Cinquant'anni sono passati da allora, e di cose ne sono successe, dalla prematura scomparsa di Brian Jones al passaggio di un certo Mick Taylor, passando per album memorabili e tournèe fenomenali, concerti tra i più spettacolari di sempre e tanta, tanta, tanta grande musica, tanto grande rock, nessun effetto elettronico a cambiare le carte in tavola, ma semplicemente batteria, basso, chitarra e voce, nessuna scusa per risparmiarsi sul palco, nemmeno quella dell'età che avanza, perchè a 20 o a 70 anni i Rolling Stones sono sempre i Rolling Stones, con molte rughe in più, certo, e forse con qualche vizio in meno, ma sempre loro: Charlie, Ronnie, Keith e Mick, quattro ragazzacci che su un palco la fanno ancora da padrone....

E' inutile che vada avanti a raccontare quanto gli Stones siano importanti per la musica, quante ne abbiano combinate, quanto i loro album siano splendidi e quanto spettacolari siano stati i loro concerti, tutto questo è storia e nonostante tutta l'enfasi che potrei metterci nel raccontarlo l'effetto non sarebbe quello desiderato, perchè gli Stones non sono solo le canzoni, le esagerazioni e le esibizioni epiche, o perlomeno non lo sono per me....

Difficilmente parlo in prima persona su questo blog, ma in questo caso non posso farne a meno. La prima volta che ho sentito il riff di "Satisfaction" alla radio quel suono mi ha catturato come mai nient'altro era riuscito a fare, "Angie" e "Ruby Tuesday" mi fanno vibrare dal profondo oggi come la prima volta, "Tumbling dice" è stato il mio battesimo rock'n'roll, "Gimme shelter" e "Jumping jack Flash" mi hanno convinto che i Rolling Stone siano la più grande rock band del mondo, e "It's only rock'n'roll", beh, è stato amore al primo ascolto.... E' solo rock'n'roll dicono, ma mi piace - Dio solo sa quanto - e va oltre la musica, oltre gli assoli di Keith e l'esuberanza di Mick, è un brivido che corre lungo la schiena, è elettricità che scorre nelle vene e che mi fa urlare a squarciagola e cantare con ogni briciola di voce rimasta, è uno spirito che ogni volta mi prende a braccetto e mi porta proprio dove voglio andare... Gli Stones e la loro musica per me hanno significato e significano questo e molto altro ancora, tanto che ogni parola, ogni frase che mi passa per la testa mentre scrivo appare stupida e banale, e per quanto mi sforzi di scrivere un degno finale per questo post la migliore dedica resta quella formata dai riff blueseggianti di Keith, dal tempo battuto inossidabilmente da Charlie, dalle linee ritmiche splendide di Ronnie e dalla voce e dalla verve di Mick....

Sono passati cinquant'anni da quando avete cominciato eppure il fascino della vostra musica è rimasto quello di sempre, questo post è solo per dirvi grazie, grazie per la musica, per la carica e per la passione viscerale che volenti o nolenti mi avete trasmesso, grazie di questo e di tutto il resto ragazzi, grazie di cuore....








martedì 3 luglio 2012

41 anni con il lutto al braccio.... Ciao Jim....



 Well the music is your special friend
Dance on fire as it intends
Music is your only friend
Until the end
(The Doors - When the music's over)