venerdì 21 dicembre 2012

Intervista agli Akram e al loro Carpe Diem


Voce, chitarra, basso e batteria. Quattro elementi, la formazione base di una band, semplice ma estremamente efficace, ed è con questa formazione che si presentano gli Akram, quartetto palermitano con la passione per il rock e per la musica italiana.

Dalla loro Sicilia i quattro si spostano dopo pochi anni nel milanese, dove, coadiuvati da Massimo Vecchi – bassista dei Nomadi nonché loro scopritore, amico e produttore – consolidano un sound personale composto da una musica di stampo americano ed una composizione tipicamente italiana.
Durante la permanenza a Milano la band ha la grande occasione di conoscere e collaborare con musicisti di classe e fama come Gabriele Lorenzi, già tastierista di Lucio Battisti nella Formula 3, Luca Volontè, sassofonista di Francesco Baccini e Gianluca Grignani, Patrix Duenas, bassista e percussionista di Edoardo Bennato, e Graziano Rampazzo, grande batterista di Eugenio Finardi, esperienze che fanno crescere i palermitani e che aggiungono un tassello al percorso verso il debutto ufficiale della band, debutto che, anticipato dal singolo “Carpe diem”, si avvicina sempre di più e che si preannuncia un album decisamente interessante e ricco di collaborazioni illustri. Una buona occasione per conoscere meglio questi quattro ragazzi e la loro musica…

Ciao ragazzi! Cominciamo con le presentazioni, chi sono gli Akram e come nascono?

Nasciamo nel 2007, sulle Madonie, in provincia di Palermo. La voglia è sempre quella di dare un segnale forte proveniente da una terra così difficile da gestire anche artisticamente parlando. Ci siamo trovati “facilmente”…Beh sulle Madonie non è difficile rintracciarci. Ci conosciamo tutti e tutti sappiamo tutto di tutti. È stato semplice unire i nostri ideali, le nostre forze, la nostra voglia a modo nostro di amare la musica. Siamo in 4: Mirko Pellicane voce; Francesco Pantano  basso; Domenico Inguaggiato batteria; Max Piro chitarre.

Siete nati in Sicilia, terra fertile del cantautorato italiano, ma forse un po’ ostica per quel che riguarda una musica di stampo più moderno e internazionale, quanto pesa la tradizione e quanto è difficile portare avanti un progetto come il vostro?

Le difficoltà che si riscontrano giornalmente in territori stupendi ma allo stesso tempo difficilmente gestibili come i nostri sono diverse. La tradizione, intesa soprattutto come genere musicale non è un ostacolo, anzi forse una fonte pura e selvaggia dalla quale attingere forza e coraggio. I problemi sono la scarsa raggiungibilità dei centri più grossi dove proporsi, per esempio; la politica che, più ti interni più pensa soltanto all’uovo di oggi piuttosto che alla gallina di domani e purtroppo la pressa del governo nazionale che preferisce isolarci piuttosto che valorizzare le risorse della nostra terra: arte in generale, musica, teatro ecc…ecc…

Massimo Vecchi, bassista dei Nomadi, vi ha scoperto, è il vostro produttore artistico e in qualche modo anche vostro mentore, parlateci del vostro rapporto con Massimo.

Akram: Beh, Massimo è a tutti gli effetti un fratello. Un padre musicale e consigliere. C’è grande rispetto reciproco a livello musicale e personale. Ci ha messo alla prova qualche anno fa, soprattutto per stimolarci ma lo ha sempre fatto con dolcezza e positività. E’ sempre attento e presente su tutto ciò che facciamo, anche nella vita privata. E’ stata una fortuna conoscerlo. E’ un grande artista, un grande musicista e un grande uomo.

Oltre a Massimo nel vostro curriculum potete vantare molte altre collaborazioni illustri, da Patrix Duenas a Luca Volontè, quanto sono importanti esperienze come queste per il percorso della band?

Akram: Sono fondamentali!!! Conoscere chi della musica è riuscito a farne veramente vita è come conoscere la Dea in persona. Il confronto continuo con personaggi del loro calibro è motivo di velocissima crescita artistica. È sempre un’emozione immensa quando lavoriamo con loro ma quella stessa emozione si trasforma in forza e convinzione. Un giorno con loro equivale ad un anno trascorso a studiare.

Di cosa parlano le vostre canzoni? E Come nascono?

Le nostre canzoni nascono dalla voglia di gridare al mondo intero che c’è qualcosa che non va. Che è sempre giusto reagire alle ingiustizie ma bisogna farlo con il massimo rispetto della persona. Scriviamo solitamente i testi e da lì si parte insieme verso un percorso che comprende l’arrangiamento e poi la produzione definitiva. Siamo una squadra che si mette a confronto giornalmente e che, musicalmente parlando non litiga mai. Come si può litigare su un’emozione, uno stato d’animo personale che si trasforma in ritmo, armonia e melodia?

Nel vostro sound si sente un’indole rock che pesca dal filone americano, ma anche un attaccamento alla musica italiana nella composizione e nella melodia, quali sono le vostre “muse ispiratrici” in questo senso?

Quello che abbiamo deciso di seguire è il senso di freschezza e l’impatto che si usa in America, per dire e trasmettere qualcosa. Siamo 4 ragazzi che abbiamo ascoltato di tutto: rock 70, dance, pop, musica leggera in generale, rap, rock contemporaneo ma se dovessimo identificarci o dire che l’ispirazione è venuta perché abbiamo ascoltato “x” artista, questo non possiamo farlo. Non saremmo in grado di farlo. Il cuore batte e noi seguiamo il suo ritmo. L’attaccamento alla melodia e al testo italiano è obbligatorio. La melodia italiana è la più dolce in assoluto e anche la più difficile da organizzare.

È da poco uscito “Carpe Diem”, il vostro nuovo singolo che anticipa l’uscita del primo album ufficiale, cosa significa per voi “Carpe Diem”, e quali sono le vostre sensazioni all’avvicinarsi del debutto?

Per noi significa cogliere tutto ciò che la vita ci da senza soffermarsi troppo sui lati negativi. I lati negativi ci sono ma devono essere immagazzinati, rielaborati e gettati fuori sotto forma di idee positive e innovative. La vita, in un singolo istante può regalarci qualcosa che ad altri invece non basterebbe una vita per raggiungerla. Noi siamo pronti e al momento giusto la afferriamo e la teniamo stretta con tutta la nostra forza. Questo è il periodo più bello e complesso della nostra esistenza. Siamo ansiosi di farci conoscere e soprattutto di conoscere tutti coloro che avranno la pazienza di ascoltarci e seguirci. Siamo ansiosi di metterci a nudo di fronte al mondo intero.

Che progetti avete per il futuro? E, visto il periodo natalizio, cosa vorrebbero trovare gli Akram sotto l’albero?

Beh aspetteremo l’inizio del nuovo tour che sarà dedicato alla divulgazione del nostro album. Saremo in giro per l’Italia, in piazze, teatri e locali vari. E in giro per le radio nazionali e tutti potranno seguirci collegandosi al nostro Sito. E per Natale sinceramente sotto l’albero vorremmo trovare un’Italia nuova. Un’Italia fatta ancora di sogni e speranze. Perché il nostro Paese è sempre stato ricco di tutto ciò e non di povere illusioni.





Intervista pubblicata su Oubliette Magazine

lunedì 17 dicembre 2012

Metal italiano: The Wild Child su Rock Hard!



Ciao a tutti!

Si parla di metal oggi, e - come raramente succede - di metal italiano, più precisamente dei The Wild Child, band nata nel 2004 a Chiavenna e che ha già alle spalle un album di debutto ("In the next life") datato 2007 e un nuovissimo album omonimo che sta ricevendo apprezzamenti da diverse riviste dell'ambiente hard&heavy. L'ultimo di questi in ordine cronologico è anche uno dei più prestigiosi: la rivista Rock Hard ha infatti inserito la band all'interno dell'annuario del metal italiano 2012, almanacco delle uscite più interessanti dell'anno allegato al numero di dicembre del magazine:

I The Wild Child sono Cristian Nava (voce e tastiere), Marco Gilardoni (chitarra ritmica e solista),  Paolo Gilardoni (basso), Mattia Ardenghi (chitarra ritmica) e Andrea Martocchi (batteria), cinque ragazzi con la passione del rock duro e del metal classico che, come spesso succede, muovono i primi passi come cover band dei gruppi pilastro del genere, dai Black Sabbath ai Judas Priest - giusto per citare due nomi da cui non si scappa in questi casi -, ma che in seguito decidono di scrivere canzoni proprie e tentare in un certo senso il tutto per tutto, perchè emergere di questi tempi è già difficile, e lo è ancora di più se si sceglie un genere musicale con decenni di storia alle spalle e migliaia di band con cui concorrere. Il coraggio viene premiato prima nel 2007 con "In the next life", album che apre la strada del gruppo verso un pubblico più ampio, e poi proprio quest'anno, con l'uscita di "The Wild Child", album della conferma, tecnicamente più maturo e omogeneo.

L'album è  fortemente legato alla tradizione del genere, ed è ricco di tutte quelle sonorità ruvide e potenti che lo caratterizzano da sempre, musicalmente niente di innovativo quindi, ma i pezzi sono tremendamente esplosivi, di quelli che fanno incessantemente battere il piede e fanno crescere i muscoli del collo a forza di headbagging, e già questo è un ottimo motivo per parlarne. A breve pubblicherò una recensione più approfondita del disco, ma nel frattempo segnatevi il nome dei The Wild Child, e se volete saperne di più, ascoltare qualche pezzo online o segnarvi qualche appuntamento live, in attesa della recensione qui sotto potete trovare tutti i riferimenti:

MySpace - http://www.myspace.com/thewildchildband
Facebook - http://www.facebook.com/pages/The-Wild-Child/46702569485
Ufficio Stampa e promozione ELFA Promotions - www.elfapromotions.com

ROCK ON!

sabato 15 dicembre 2012

Grazia Negro - Ragazze Forty



C'è una sorta di fisicità nella musica tutta, un forte impatto che trasforma un suono, una voce o una canzone in vibrazioni palpabili, tanto che l'ascolto può diventare un qualcosa di apparentemente visivo o addirittura tattile, e spesso è proprio questa capacità evocativa del suono a rivelare la giusta chiave di lettura per un'opera.

Succede così per ogni genere di musica, che si tratti di cantautorato di stampo emozionale, di dance da festa in spiaggia o di sporco rock da pogo; ovviamente ogni genere, con le sue peculiarità, evoca immagini diverse, ed è forse sulla base di queste che più si concretizza la collocazione di una canzone o di un intero album in un dato genere, al di là di strumenti utilizzati, regole stilistiche o vestiti di scena. In questo senso "Ragazze forty" si posizionerebbe nella categoria della "Musica leggera", non la musica leggera intesa come pop radiofonico senza conenuti troppo impegnativi, come le canoniche categorizzazioni insegnano (e ascoltandolo ce ne si accorge fin da subito), bensì una musica che fisicamente si posa soffice sulla pelle, come una camicia di seta, leggera ma avvolgente, elegante, fresca e raffinata, ma resistente. Resistente proprio come la sua autrice, Grazia Negro, salentina DOC, 40 anni tondi tondi ed una carriera artistica di almeno 15, attrice, cantante, autrice, trombettista e musa ispiratrice di Carlo Lucarelli per una serie di romanzi che la vedono protagonista nei panni di ispettore di polizia, inizia a suonare da autodidatta a metà degli anni '90, poi viene ammessa al conservatorio, dopo un anno lo lascia e si lancia in quella che diventa la sua vera formazione musicale, incline al jazz e alle sue mille sfaccettature, e fatta di corsi mirati, sodalizi con diverse formazioni, dagli Amarcord al Quartetto Zappalà, dagli Uccellacci a Il Combo Farango, esperienze musico-teatrali, riconoscimenti e partecipazioni ad album di artisti emergenti (non ultimo "Un meraviglioso declino", esordio discografico di Colapesce del gennaio di quest'anno), fino all'incontro con Roy Paci, con il quale collabora nel 2002 per il progetto Banda Ionica, diretto dallo stesso Roy, nel 2003 per l'album "Tuttapposto", e poi ancora dal 2006 al 2010 in varie vesti, dai cori alla produzione, negli album "Parola d'onore", "SuoNo Global", "BESTiario siciliano" e "Latinista". Una carriera decisamente invidiabile, difficile da riassumere in poche parole e qualche numero, perchè non si tratta soltanto dei dischi o delle collaborazioni, l'aspetto più importante è la tenacia, quella di chi arriva, nonostante tutte queste esperienze musicali alle spalle, a pubblicare il proprio album di esordio a 40 anni, "forty", come le "Ragazze forty" che ispirano lo spirito e il titolo dell'album.

Ragazze "Forty", dicevamo, ma anche "forti", quanto basta per non mollare mai, per rimettersi in gioco e andare avanti nonostante la fatica e i mille imprevisti di una vita, e soprattutto per tirare fuori un po' di ottimismo e prenderla come viene anche quando non tutto va per il verso giusto, alla faccia del "sesso debole". E' proprio così che Grazia introduce l'ascoltatore nella sua musica, con la voglia di lasciarsi i crucci alle spalle e con l'animo forte di chi non perde mai la speranza che le cose vadano meglio, aspetto che traspare già dalla opening-track, "I craj", easy jazz coinvolgente sul quale la cantante appoggia un gioco di parole significativo tra l'inglese e il dialetto pugliese ("craj", che suona come l'inglese "cry", "piangere", in dialetto significa "domani"), perchè "Dopotutto domani è un altro giorno, senza te in qualche modo poi farò, ma francamente io già lo so, e col vento andrà via anche una lacrima...". Quel che segue sono 45 minuti di una musica splendida che prende quel che c'è di buono nei generi più affini a Grazia e tutto rimescola in un morbido calderone dal quale prendono vita i 12 brani dell'album, in cui le sonorità si bilanciano alla perfezione, anche quelle che idelamente si posizionano più lontane dall'aura lounge ed easy jazz che pervade l'intero disco (ne è un esempio già "I craj" con un intermezzo scratchato, ma soprattutto "Sola è la terra", brano realizzato in featuring con Primo Brown - hip hopper di vecchia data e fondatore dei Cor Veleno - in cui alla base tipicamente rap si accostano in modo quasi inaspettato la voce e la cadenza jazzy della cantante leccese); in "Ragazze forty" si alternano il jazz - in tutte le sue declinazioni -, la musica chillout, il pop e il rap, ma anche la musica popolare e tracce di sound orientaleggianti, l'inglese, l'italiano, il portoghese e il dialetto pugliese, la pizzica e la capoeira, la fisarmonica, i fiati e il sax, persino il rock e le sue chitarre elettriche nella pungente "Vento d'Europa", e poi tanto, tanto altro ancora. E' in questa ambientazione dalle mille sfaccettature che Grazia esprime al meglio la sua creatività, dispensa sapientemente poesia ed energia, regalando spensieratezza e romanticismo in piccole dosi immerse in una raffinata ambientazione retrò che non stona mai, anzi, regala quel tocco personale che riesce a mettere in secondo piano persino l'innegabile influenza musicale e compositiva di Roy Paci.

Una grande, grandissima prova quella di Grazia Negro, che in questo album di debutto fortemente voluto mette tutta sè stessa, la sua passione, la sua tenacia e la sua carriera. "Ragazze forty" è la sintesi di 15 anni di vita artistica, un condensato di influenze ed esperienze, di arte, che anno dopo anno la cantante leccese ha proverbialmente imparato e messo da parte, ma soprattutto è un'elegante miscela di generi, suoni e strumenti che avvolge ed affascina riuscendo a non perdere mai la bussola, dipinge eterei paesaggi nella mente, incanta con soave romanticismo e traccia speranzosi sentieri lungo i quali muoversi per affrontare gli ostacoli della vita di tutti i giorni, con il piglio di chi guarda al domani con coraggio e determinazione, ma non sfocia mai nell'ottimismo cosmico, non racconta di mondi di fantasia, ma resta fortemente ancorato a terra, anche se volge lo sguardo alle stelle...

Voto: 7,5

Tracklist

1. I craj
2. L'astronave
3. Mi viene un brivido
4. Sola cammino
5. Pizzicapoeira
6. Il sogno di volare
7. Se tornasse caso mai (If he walked into my life)
8. Sola è la terra
9. Rimesto enigmatico
10. Senza tempo
11. Vento d'Europa
12. Caschi indifferenti



Recensione pubblicata su Oubliette Magazine

lunedì 10 dicembre 2012

Architecture of the universe - Il grande freddo



Spesso quando ci si trova di fronte a qualcosa di grandioso basta un solo istante per rendersene conto, come quando da una vetta si volge lo sguardo all'orizzonte e il panorama è talmente meraviglioso da non credere ai propri occhi, o quando si mette un disco nello stereo, si preme play, e dalle casse esce una musica splendida...

Nel nostro caso la musica splendida è quella di quattro ragazzi fiorentini: Michelangelo Puglisi, Francesco Colapietro, Andrea Guasti e Lorenzo Guazzini, in arte Architecture Of The Universe, nome splendido e mai così azzeccato, perchè la sensazione, quando si ascolta la musica della formazione toscana, è quella di trovarsi di fronte qualcosa di immenso, di incredibilmente ampio in termini di vedute artistiche eppure studiato, perfezionato nei minimi dettagli, come un grande universo in cui gli elementi si mescolano alla perfezione, si fondono l'uno con l'altro creando quella che gli antichi definivano proprio "architettura dell'universo", quel perfetto disegno celeste in cui ogni singola stella del firmamento sta al posto giusto, ed è così che Puglisi e soci costruiscono il proprio sound, cesellando ogni suono con cura e dosando accuratamente energia, melodie e campionamenti, per un risultato di livello davvero altissimo... Gli Architecture of the universe si formano nel gennaio 2010, e debuttano ufficialmente nell'ottobre del 2011 con l'EP "Parallel void", splendido esordio accolto a braccia aperte dalla critica, grazie ad un sound che prende spunto da ciò che di meglio è stato fatto nel post-rock degli ultimi 10 anni, e che non si limita al semplice scimmiottaggio di artisti e band come Mogwai o This will destroy you, ma aggiunge quel tocco di personalità che serve per uscire dall'anonimato del genere. Ad un anno esatto dal promettentissimo esordio arriva nei negozi di dischi il secondo lavoro della band, pubblicato il 1° ottobre e presentato con un release party al Controsenso di Prato il 5 ottobre.

"Il grande freddo", questo il titolo dell'album, un EP a dire la verità, ma quando con soli quattro brani si superano abbondantemente i 20 minuti la definizione di Extended Play sta un po' stretta... Quattro pezzi dai titoli molto significativi che avvolgono e conquistano già al primo ascolto, tutti rigorosamente strumentali e suonati con tecnica ineccepibile e ispirazione folgorante. Si parte con "Scoprirsi rosso", e subito l'atmosfera si colora di sfumature affascinanti, a tratti soft quando la batteria abbassa i toni e le chitarrre e il basso avanzano lenti, e a tratti nette, dense, piene di colori accesi quando le chitarre passano dal trotto al galoppo, il basso delinea profili più pesanti e le pelli dei tamburi vibrano intensamente. Una opening track debilitante, 8 minuti e 41 secondi in cui sembra di viaggiare in un'altra dimensione, eterea ma allo stesso tempo solida, in cui le parole non hanno significato perchè tutto è già chiaro e completo con la musica. A seguire arriva "L'attimo in cui tutto sembrava colorarsi", e il viaggio mentale continua, il panorama si amplia, gli strumenti si accostano, si sovrappongono e si sovrastano l'un l'altro in un ispiratissimo intreccio che regala nuove emozioni e dipinge nuovi scenari, il suono del gruppo si fa impeccabile e siamo forse di fronte al pezzo migliore dell'album, grazie ad una miscela di sonorità differenti per impatto e per influenze, ma amalgamate in modo eccezionale. "Per non sentirti vuoto anche domani" devi continuare ad ascoltare l'album, sembrano dire i quattro con il terzo pezzo, e hanno ragione, perchè il mix di post-rock di indole orchestrale e veemenza punk del brano riempie, carica di energia ed esalta, 4 minuti netti (è il pezzo più corto dell'album) che, una volta giunti al termine, non lasciano certo vuoti... A chiudere il disco c'è la title-track, "Il grande freddo", che richiama gli attimi più cavalcanti di "Scoprirsi rosso" e regala una sorta di ritorno dell'album su sè stesso senza soluzione di continuità, 'chè in fondo l'universo non ha un capo e una coda...

E' difficile in questi ultimi anni fare post-rock, o perlomeno è difficile farlo distinguendosi dalla massa, evitando di passare per i soliti cloni incolori dei grandi del genere. Gli Architecture of the universe ci sono riusciti, e già soltanto per questo andrebbero premiati, ma i quattro toscani sono andati ben oltre: sono cresciuti rispetto al precedente album, hanno preso il coraggio a due mani e sono andati avanti per la propria strada, si sono dati da fare e hanno sfornato un grandissimo lavoro, che - in questi anni in cui la musica è sempre più materiale di consumo ed in cui si vive sempre più di leak e hit buone giusto per qualche compilation - può fregiarsi con onore del titolo di "disco", titolo che torna ad assumere il preciso significato di un'opera più complessa della solita accozzaglia di brani fini a sè stessi. "Il grande freddo" è un piccolo universo in cui tutto sta al posto giusto, in cui ogni elemento ha il suo significato ed il suo spazio, un universo in cui si entra premendo play sullo stereo, ma attenzione a premere "Repeat all", potreste non uscirne più...

Voto: 8

Tracklist

1. Scoprirsi rosso
2. L'attimo in cui tutto sembrava colorarsi
3. Per non sentirti vuoto anche domani
4. Il grande freddo


Recensione pubblicata su Oubliette Magazine

lunedì 3 dicembre 2012

Sit-Rock: Video (not) kill the radio star - And the winner is...



Ciao a tutti!

Finalmente è arrivato il momento del verdetto finale di questa grande sfida! Quella tra Bersani e Renzi? Ovviamente no! Primarie o non primarie a capo del PD c'è ancora Pierluigi "OhRagassi!" Bersani e la cosa a dire la verità non fa nemmeno tanto notizia... Ma lasciamo perdere la politica (se la si può ancora chiamare così), e occupiamoci di cose più interessanti! Le urne per la votazione della Sit-Rock dedicata ai video musicali sono state chiuse ed è ora di incoronare il vincitore!

Questa volta le liste in gara erano ben 12 e votare non è stato per nulla semplice, ma alla fine il verdetto è stato raggiunto!

Sul gradino più basso del podio, a parimerito con il 15% dei voti salgono Boh e La Firma Cangiante! Complimenti ragazzi!
Ecco qui sotto le loro liste e playlist:

Boh

1. Skrillex - First Of The Year (Equinox)
2. Gorillaz - On Melancholy Hill
3. Pink Floyd - Another Brick In The Wall
4. Negramaro feat. Elisa - Basta così
5. Nightwish - The Islander
6. Enigma - Return To Innocence
7. Iron Maiden - Wildest Dreams
8. Tarja Turunen - My Little Phoenix
9. Ozzy Osbourne - Dreamer
10. Ghost in the Shell 2 - Innocence
11. Lindsey Stirling - Elements
12. Metallica - The Unforgiven II
13. 99 Posse - Stop That Train
14. P!nk - Funhouse
15. Queen - Innuendo
16. Evanescence - Whisper
17. Madonna - Frozen
18. ZZ Top - I Gotsta Get Paid
19. The Prodigy - Breathe
20. Apocalyptica ft. Gavin Rossdale - End Of Me



La firma cangiante

1. Aerosmith/Run D.M.C. - Walk this way
2. Ah Ah - Take on me
3. Alcazar - Cryin at the Discoteque
4. Black Crowes - High head blues
5. Bloodhound Gang - The bad touch
6. Blur - Coffee and Tv
7. Coldplay - The scientist
8. Daft Punk - Around the world
9. Extreme - Tragic Comic
10. Gorillaz - Stylo
11. Hardcore Superstar - Shame
12. Oasis - Stand by me
13. Pink Floyd - Another brick in the wall
14. Pearl Jam - Do the evolution
15. Prodigy - Firestarter
16. Rem - Uberlin
17. Rammstein - Du Hast
18. Tool - Aenima
19. Verve - Bitter sweet symphony
20. Weezer - Buddy Holly



Al secondo posto, con il 21% dei voti e un solo voto di scarto dalla vetta si aggiudica la medaglia d'argento Lucien! Complimentoni! Ed ecco qui di seguito la sua lista con la playlist:

1. Michael Jackson - Thriller
2. Massive Attack - Karmacoma
3. Massive Attack - Unfinished Sympathy
4. Soundgarden - Black Hole Sun
5. R.E.M. - Imitation of Life
6. Peter Gabriel - Sledgehammer
7. Smashing Pumpkins - Tonight Tonight
8. Red Hot Chili Peppers - Californication
9. Pearl Jam - Do the Evolution
10. Spiritualized - Hey Jane
11. Arcade Fire - We use to wait
12. Offlaga Disco Pax - Robespierre
13. Verdena - Luna
14. Run DMC (Feat. Aerosmith): Walk this Way
15. New Order - True Faith
16. Radiohead - Fake plastic trees
17. Radiohead - Paranoid Android
18. Beastie Boys - Sabotage
19. Hot Chip - I feel better
20. tUnE-yArDs - Bizness



Infine, con un solo voto di vantaggio, ma abbastanza per salire da solo in cima al podio, vince la Sit-Rock Cannibal Kid! E bravo cannibale!.... ^_^

Qui sotto vi potete gustare la playlist vincente:

1. Daft Punk - Da Funk
2. Bat For Lashes - What’s a Girl To Do
3. Cibo Matto - Sugar Water
4. Smashing Pumpkins - 1979
5. Chemical Brothers - Hey Boy Hey Girl
6. Badly Drawn Boy - Once Around the Block
7. Pulp - This Is Hardcore
8. Aphex Twin - Windowlicker
9. Britney Spears - …Baby One More Time
10. Prodigy - Smack My Bitch Up
11. Massive Attack - Teardrop
12. Dr. Dre feat. Snoop Dogg - Still D.R.E.
13. Kanye West - Runaway
14. Pavement - Shady Lane
15. The Cure - Boys Don’t Cry
16. Bjork - Bachelorette
17. JJ72 - Oxygen
18. Florence + the Machine - Drumming Song
19. Lana Del Rey - Born to Die
20. PSY - Gangnam Style



Ancora complimentoni al vincitore e ai medagliati, e grazie come sempre a tutti voi che partecipate con le liste o anche soltanto votando.... A breve arriverà una nuova sfida, per ora non mi resta che salutarvi e, come sempre, ROCK ON!